sabato 26 febbraio 2011

Negozi aperti a San Giuseppe

Negozi chiusi di sabato. Perché sarà festa. Ma in un periodo di crisi, è pura follia. Il governo cantonale ha deciso di non concedere nessuna deroga ai negozianti per la festa di San Giuseppe, il 19 marzo, che quest'anno cade di sabato.
Una posizione contestata fortemente dalla Lega dei ticinesi. A partire da Lorenzo Quadri, il quale ha presentato un'interrogazione in Gran Consiglio.
"La decisione di non concedere la deroga per il 19 marzo lascia perplessi – dice Quadri – da un lato in questo inizio 2011 i commerci ticinesi, per lo meno quelli di dimensioni ridotte, si trovano in difficoltà. Manca la clientela italiana, specie quella facoltosa, che, a seguito dei fiscovelox e di altre misure analoghe, ha rinunciato a fare acquisti in Ticino.
C'è dunque da temere che a questa situazione possa far seguito la perdita di posti di lavoro, oltre che di gettito fiscale. I licenziamenti rischiano di colpire, in prima linea, il personale residente in Ticino, in quanto costa più di quello frontaliero.
I commercianti stimano che le entrate di un'apertura straordinaria il 19 marzo potrebbero valere 40 posti di lavoro.
Costituirà per contro un regalo ai negozi, grandi e piccoli, della fascia italiana di confine, verso cui si indirizzeranno peraltro anche i ticinesi, ritenuto che, per chi lavora, non ci sono molte alternative al sabato per la spesa settimanale".

E Quadri non esita a sottolineare che questa decisione sarà un regalo agli italiani.

"Il Consiglio di Stato non tiene conto che i negozi chiusi il 19 marzo costituiscano un improvvido regalo ai commerci d'Oltreconfine (che già possono beneficiare del vantaggio dell'euro basso) attirando verso di essi clientela ticinese, che potrebbe in seguito abituarsi alla trasferta".
Una polemica sostenuta anche dal Mattinoline.ch, organo della Lega dei ticinesii.
"Il governicchio – scrive il Mattinonline.ch – ha deciso di non concedere le aperture dei negozi sabato 19 marzo, festa di San Giuseppe. Un regalo ai negozianti d'oltreconfine che, regolarmente aperti, ridono a bocca larga, e l'ennesima martellata al commercio e al turismo ticinese. Che poi la chiusura sia nell'interesse dei lavoratori, è ancora da dimostrare, visto che, a furia di non poter aprire, i negozi cominceranno a licenziare. E i primi ad essere lasciati a casa saranno i dipendenti ticinesi, perché costano più dei frontalieri".

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